venerdì 28 maggio 2010

Michaela

Ciao Maria,

oggi, ti racconto la vicenda di Michaela.

La troviamo nell'ultima stanzetta del reparto ostetricia.
Le donne che devono abortire arrivano presto il lunedi mattina e vengono sistemate in fondo al corridoio.
Prima trovi una fila di fiocchi azzurri e rosa, vasi di fiori freschi poi il nulla ed è qui che il pianto di una ragazza giovanissima ci guida un lunedì mattina, quando ci facevano entrare nel reparto al di fuori degli orari di visita.

Ci colpisce il suo viso candido e due occhi azzurrissimi pieni di lacrime, è straniera ma riusciamo a farci capire e a capire: stamattina ucciderà il suo bambino perchè lei e il suo ragazzo non possono tenerlo: lavorano in un ristorante distante una trentina di chilometri, ospitati dal proprietario in un locale angusto, perderebbero lavoro e casa..no, questo bambino non può venire al mondo ora. Lei non vorrebbe, ma il suo ragazzo non l'ha fermata quando si è recata in ospedale, lei avrebbe voluto che lui l'avesse fatto.

E piange senza fermarsi mai, Michaela.

Le offriamo il nostro aiuto, senza condizioni, le troveremo una casa, un lavoro, tutto quello che serve per poter salvare questo bambino. Ci dice che deve essere convinto il suo ragazzo.

A questo punto non ci resta che andare sul posto di lavoro dei due giovani, ma abbiamo bisogno di tempo, avvisiamo perciò il medico che deve fare l'intervento abortivo, lo mettiamo al corrente della decisione della giovane e del nostro tentativo: ci dà un'ora di tempo.

In macchina, senza guardare limiti e segnali, corriamo,corriamo..(nei mesi successivi arriverà pure la multa per eccesso di velocità), è quasi in montagna questo ristorante tipico ma lo troviamo e il ragazzo è li: ci fa tenerezza è anche più ragazzino della sua compagna, ma si convince, si, se troviamo una casa e li aiutiamo il bambino lo tengono. Presto, presto, qui c'è campo...presto presto mi passi il reparto ginecologia... presto presto mi passi il dottor...e l'infermiera: "l'intervento è stato già fatto, non vi potevamo aspettare servivano le sale operatorie..."

Siamo ritornate in reparto per piangere con Michaela e non le abbiamo detto subito che eravamo riuscite a convincere il compagno, lo ha scoperto dopo e le sue lacrime si sono asciugate in un deserto d'amarezza.


Dopo questo episodio alle volontarie del centro di aiuto alla vita non è stato permesso più di entrare nel reparto al di fuori degli orari di visita e anche in questi orari la stanza in fondo al corridoio veniva guardata a vista dalle infermiere.
Lucia

P.S oggi la tv ci informa che il parlamento ha approvato una legge ingiusta,che toglie la libertà di stampa..non mi tocca più di tanto,in Italia c'è una legge ed è la 194 che uccide i bambini nel grembo materno;approvata questa legge tutte le leggi possono essere giuste.




Minuscole vite

Quando gli scienziati si chiedono se su Marte ci sia vita, non intendono organismi complessi ed evoluti, ma cose come batteri o forme di vita più piccole e semplici.

Ci sono vite che sono ancora più piccole di un puntino, ma nessuno ha dubbi sul fatto che siano organismi viventi.
Oggi gli studiosi si chiedono persino se un virus sia vita.

Con questi presupposti, quello che ci chiediamo é come si fa a dire che un embrione non é vita.

Già un ovulo fecondato, prima di attecchire, invia segnali al corpo che lo ospiterà dando informazioni su se stesso.

L'organismo adulto risponde a questi segnali e ne invia a sua volta.

Dopo questa prima forma di comunicazione, l'organismo consentirà o meno all'ovulo di attecchire.

In questo senso ogni giorno le donne vivono dei microaborti spontanei senza neanche rendersene conto perchè spesso il nostro corpo non ritiene l'ovulo idoneo e non gli consente di svilupparsi.

Ora se un organismo riesce a comunicare con un altro inviando segnali ormonali al corpo che dovrà ospitarlo con i quali da informazioni su se stesso, come si può dire che lì non c'é vita?
E' una minuscola vita umana.
E quanto più dopo l'attecchimento deve essere considerata e rispettata la vita di un esserino minuscolo che però cerca di sfuggire alla morte?

Sono gli stessi abortisti a dire che per interrompere la gravidanza la prima cosa da fare é uccidere l'embrione.

Se bisogna uccidere, come si fa a dire che non c'é vita?

Ma purtroppo, come molte altre cose, l'interruzione di gravidanza é stata banalizzata e spesso, con false certificazioni, si ricorre ad essa oltre i termini stabiliti dalla legge perché si vuole un bambino di sesso diverso o perché il feto é affetto da difetti curabilissimi come il labbro leporino.

Sono i medici stessi a dire che la maggior parte degli aborti terapeutici si eseguono con feti sani.

E un feto su trenta sopravvive all'aborto anche dopo parecchie ore.

Nessuno é stato adulto senza essere stato un embrione. Non é moralismo, é una questione tutta laica, é logica.

L'unica differenza tra noi e gli embrioni e i feti é che loro non si possono difendere.

Più mi documento, più mi convinco che l'aborto sia solo uno strumento utilizzato per controllare l'incremento demografico per potere continuare a sfruttare male le risorse come si sta facendo perchè alcuni si possano arricchire.

E' progresso questo?
La nostra speranza é che chi ci succederà sarà più saggio di noi.

Grazie a Dio, non tutto ciò che é stato chiamato progresso lo é diventato.

venerdì 21 maggio 2010

Lucia


-->
La storia che state per leggere é realmente accaduta. E' il racconto di un aborto e di un percorso di fede.

Credo che le origini di tutto siano da ricercare nelle incomprensioni tra la protagonista del racconto e i suoi genitori.
E' anche vero però che riflettendo sulle circostanze che viviamo, spesso sembra che nulla accada per caso, ma che tutto sia stato programmato e pianificato e così anche ciò che ha generato tanto male, può portare del bene e può essere di aiuto ad altri.

La donna che ha vissuto il dramma di questo aborto, ha avvertito di essere sprofondata in un abisso dal quale é riuscita a risollevarsi inaspettatamente, solo grazie alla fede.
Questa é la storia che mi é stata inviata da Lucia, ognuno di noi é libero di credere ciò che vuole e di interpretarla come crede.

Ho deciso di pubblicarla perchè mi sembra sintomatica di come il nostro inconscio percepisca, conservi ed elabori alcune esperienze che all'apparenza pensiamo di avere vissuto in maniera superficiale.
La pubblico anche perchè é desiderio di chi l'ha scritta essere di aiuto per chi si trova a un bivio.

Sono qui a raccontarvi la mia storia perchè la mia esperienza possa essere di aiuto a chi si trova davanti a questa scelta.
Comincio il racconto parlando delle origini di ciò che mi ha portata nell'abisso.
Ero separata da poco, un matrimonio sbagliato fin dall'inizio, pieno di silenzi e di solitudine interiore.
La brutta morte di mio fratello aveva ingigantito la distanza abissale che sentivo nel rapporto con i miei genitori e i miei fratelli, soprattutto con mia madre.
Quella morte mi aveva portata a un matrimonio tanto per fare la brava ragazza, ma questo è un altro capitolo...insomma io ero la pecora nera in tutti i sensi, ovvero così mi sentivo, sebbene prima di allora avessi fatto parte dei gruppi giovanili della parrocchia e fossi stata la solista del coro parrocchiale.
Tanti errori e tante sofferenze.
Oggi so che, a modo mio, cercavo pace lontana da quel Dio che con il tempo, credevo mi avesse abbandonata.
Nessuno mi aveva spiegato che solo la pace in Dio mi avrebbe guidata, credevo che senza le mie forze non avrei mai trovato la felicità e così la ricercavo affannosamente, proprio come il figliol prodigo.
Dopo la separazione incontrai un uomo.
Pensavo di poter ricominciare, di poter avere quella stabilità affettiva che bramavo per me e per i miei due figli avuti da quel matrimonio disfatto.
Credevo che sarei riuscita ad avere quella famiglia che mi mancava tanto, da sempre.
Rimasi subito incinta e per me fu un'ulteriore tragedia, mentre dovevo porre rimedio a molte altre. E poi, cosa avrebbe detto la gente? Cosa avrebbero detto i miei familiari che già mi accusavano tanto?
Non potevo avere un altro figlio trovandomi in una situazione così instabile, non potevo essere madre di un terzo bambino, i due che avevo già sembravano già tanto tristi.
Avevo anche mille problemi con il lavoro e per me era un peso dovermi appoggiare alla mia famiglia persino nelle piccole cose.
Non vedevo alternativa.
Quell'uomo faceva già tanto, era una storia nata da poco, ancora piena di incognite.
Non conoscevo Dio, cercavo onori e vita libera, sebbene mi fossi già scontrata con le prime delusioni.
Forse, nel profondo del cuore, avevo nostalgia di quando da ragazza frequentavo la chiesa e cantavo, durante i matrimoni, ma allo stesso tempo il mio orgoglio era ferito ed ero diventata presuntuosa.
Credevo che ormai Dio fosse lontano da me, pensavo di non avere più il diritto di stare nella chiesa.
La mia vita aveva preso una piega completamente diversa da quanto immaginavo.
Quando capii di essere incinta, sentii il peso dell'errore, sembrava che davanti a me ci fosse un abisso più grande.
Quel bambino che cresceva in me giorno dopo giorno, mi dava angoscia.
Immaginavo di dare la notizia a chi mi avrebbe guardata come una pazza eretica.
Così, appoggiata da quel compagno che in fondo era spaventato quanto me, senza farne parola con altri, presi la decisione di abortire.
Chiaramente mi rivolsi subito dove sapevo che non avrei trovato ostacoli.
Mi feci visitare con la ferma risoluzione che avrei risolto tutto nel silenzio, senza che nessuno sapesse, depositando e lasciando nel dimenticatoio quel pacco scomodo.
Così, nella piena solitudine, arrivai nel reparto dell'ospedale una mattina del settembre del '95.
Nessuno mi chiese niente..nessuno mi rivolse la parola.
Sembrava tutto normale, tutto si svolse in modo freddo e meccanico, come se si dovesse svolgere un dovere, un fardello da togliersi di dosso...non ricordo un viso, un sorriso, un'immagine che mi potesse rimanere impressa.
Ricordo solo la freddezza della stanza dell'ospedale e il mio desiderio di andarmene al più presto da lì..non ho voluto sapere niente...non mi ero informata di niente, sapevo solo che, uscita di lì, il problema era risolto.
Non sentivo nulla dentro, se non il desiderio di liberarmi di una colpa che nessuno avrebbe perdonato.
Questo è stato quel figlio che avevo in grembo.
Tutto successe nel silenzio e nessuno ha mai saputo il mio segreto.
Ogni tanto pensavo a come sarebbe potuto essere quel bambino..mi vedevo con lui vicino...lo immaginavo, ma cancellavo subito il pensiero e tenevo tutto dentro, senza nessuna sofferenza.
Sentivo che era stato più giusto abortire che tenere un bambino che tutti mi avrebbero fatto pesare. Avevo scelto quello che per me era il male minore.
Dopo qualche anno iniziai ad avere problemi di salute.
La mia fu un'agonia durata quattro interventi per un fibroma persistente.
Credo che i dolori che ho avuto per un paio di anni, siano stati più atroci di un parto...ad ogni ciclo mestruale, mi dicevo "cosa devo partorire?".
E poi rimasi ancora una volta sola quando, per via di vorticosi problemi, finì anche la storia con quel compagno.
Ancora sola mentre i problemi con il lavoro si ingigantivano e la realizzazione di me stessa sembrava sempre più lontana, persino come donna e come madre.
Se avessi saputo che qualcuno avrebbe amato i miei figli, avrei tentato il suicidio.
Sentivo il vuoto dentro e ad ogni istante lo stimolo di farla finita, poi il pensiero di lasciare soli i miei figli, mi fermava.
La mia famiglia per me era già un corpo estraneo, lontano, avevo addossato loro tutte le colpe di avermi abbandonata a me stessa e nello stesso tempo l'orgoglio ferito mi impediva di chiedere aiuto.
Ho sopportato tutto con molta fatica, nel vuoto del mio cuore, solo per l'amore che ho per i miei figli e per l'idea che nessuno li avrebbe amati come li amo io.
Con loro però ero fredda, vuota, perchè non potevo dare loro quella felicità che meritavano.
E dentro di me cresceva la rabbia perchè non potevo essere la mamma dolce ed affettuosa che avrei voluto essere.
Fare la mamma era la mia massima aspirazione e invece ero arrivata a rifiutare la vita!
Non mi rendevo conto di niente..tutto era colpa degli altri, di chi non aveva capito, di chi non mi aveva amato..non perdonavo, avevo il cuore pieno di rabbia e di disperazione.
Mi affannavo alla ricerca di una via d'uscita...intanto anche mia figlia, all'età di sedici anni, mi lasciò per andare a vivere con il padre.
Avevo deluso mia figlia senza sapere quale fosse la mia colpa.
Avevo deluso la parte di me che voleva essere di esempio a mia figlia, perchè lei un giorno potesse essere una donna e una mamma felice.
Rimasi sola con mio figlio che già scivolava nell'abisso della tossicodipendenza.
Ancora una volta dovevo trovare soluzioni ed ero già stanca già di vivere.
E intanto continuavo a dare la colpa a tutto e a tutti, ma soprattutto alla mia ingenuità per aver accettato passivamente tante situazioni che mi avevano portato nell'abisso, ma mai pensavo che la mia colpa fosse stato l'aborto, non ci pensavo più.
Mi vergognavo persino di ciò che non ero stata capace di essere, di tanti sogni che non ero stata capace di realizzare.
Così quando ho avuto la certezza che mio figlio fumava spinelli, ho avuto il vuoto davanti.
Era finito tutto, ogni cosa sembrava senza speranza.
L'unica gioia era il ritorno di mia figlia avvenuto qualche mese prima.
Sapevo però che anche in lei era già calata la sofferenza.
Insomma, soffrivo io e avevo messo anche i miei figli nella sofferenza.
Ma da mesi una voce mi parlava dentro e così, combattuta, mi rivolsi a quel Dio che oramai credevo mi avesse abbandonata..
Gli dissi "io non posso fare più niente, mio Dio fai Tu qualcosa".
Inaspettatamente trovai la soluzione. Mio figlio iniziò a frequentare una comunità religiosa che lo avrebbe aiutato a uscire dalla droga e io intrapresi un cammino di fede parallelo.
Dopo un pò sentii il bisogno di ammettere e confessare il mio peccato: l'aborto.
Ammisi che l'aborto era una colpa sicuramente grave, ma non quella che aveva procurato ancora tanto male nella mia vita.
Cominciai a ritrovare la gioia nelle persone che facevano il percorso con me e a riconoscere questo Dio che mi amava.
Fra tante ribellioni e lacrime, ripercorsi le mie colpe e le mie sofferenze e sentii il desiderio di demolire la mia presunzione e il mio orgoglio ferito, seppur questo mi facesse male.
Dopo pochi mesi, mi trovai a pregare in chiesa.
Senza sapere perchè, piangevo a dirotto mentre tutti pregavano e non capivo perchè...quei giorni stavo aiutando un ragazzo ad entrare in comunità e mentre piangevo mi dicevo "Ho già ripartorito mio figlio, chi devo ripartorire ancora? Perchè questo ragazzo devo ripartorirlo io?"
Era un pensiero fisso. All'improvviso mi venne in mente lui, il mio bambino morto, come se avesse bussato così forte al mio cuore dicendomi "mamma, ci sono io!"
Ammettere la colpa nei confronti di quel figlio, mi fece sentire sollevata.
Entrai in un percorso di guarigione spirituale che mi faceva sentire la necessità di quella verità che rende liberi.
Sentivo dirompente che dovevo scendere fino in fondo e liberarmi di questo fardello e così oggi mi trovo a dire ciò che ho vissuto.
Oggi credo che tutto sia avvenuto per via di quell'errore con il quale io ho dato la sterzata finale ad una vita già lontana da Dio.
Una mamma porta la vita e non può rifiutarla.
Quando rifiuta la vita, può solo morire dentro e trascinare nella morte tutto ciò che la circonda.
Mio figlio non é morto invano, oggi posso nella verità con me stessa, testimoniare questa esperienza e dare speranza ad altre donne che hanno vissuto inconsapevoli, questo dramma.
Ora so che la Resurrezione è cosa per tutti, se vogliamo sentire Dio nel cuore.
Se credi anche solo minimamente che ci sia una forza suprema che genera vita, devi essere gioiosa di essere stata chiamata ad esserne strumento...essere strumento della morte, significa accettare che la morte ha già operato nel tuo cuore, prima ancora di fartela vedere poi nel concreto.
Ma la cosa peggiore, è che allontani la vita da te stessa e da ciò che hai generato.
Dico a quelle donne che hanno vissuto la mia esperienza, che possono risorgere a nuova vita, se vogliono provare a svuotare la loro botte piena, davanti a Dio che è Padre...dico a quelle donne che stanno per decidere di abortire, pensateci, perchè finirete in un vortice di vuoto e solitudine.
L'aborto può solo operare altro male.
La donna ha avuto il grande dono da Dio, di generare la vita e se rifiuta questo dono, può generare solo morte.
Grazie
Lucia