domenica 18 novembre 2018

Fruire offline i contenuti della divulgazione pedagogica in rete. Diario di una recensione.

Mi mostrai piuttosto reticente quando mi proposero di leggere Redazione Pedagogica. Non sono pedagogista e non avevo né il tempo, né la voglia di dedicarmi a letture che richiedessero una certa attenzione. La prima impressione che ho avuto infatti, é stata quella di dovere affrontare una lettura noiosa, che non sarei riuscita a portare avanti se non con fatica. Proprio una scocciatura in un momento in cui seccature proprio non ne volevo. Alla fine però, mi convinsi che sarebbe stata un'occasione per arricchire il mio bagaglio culturale e lo richiesi.
Quando l'ho ricevuto, aprendo il pacco ho avuto il piacere di estrarne un libro dalla copertina accattivante. Ho rimosso il cellophane e toccando il libro ne ho ricevuto una sensazione così gradevole, che ho iniziato a passare più volte le mie dita abbronzate sulla copertina patinata opaca, tanto era piacevole al tatto. La copertina é antistress. La grafica e i colori hanno catturato subito anche l'attenzione delle mie bambine. La più piccola mi ha chiesto se potevamo leggerlo subito. Piuttosto intimorita dalla sua espressione, pian piano sono riuscita a dissuaderla e a trattenere le sue manine. Ho appoggiato il libro sulla cassettiera ed é stata la volta della mia figlia maggiore che si é avvicinata per guardarlo meglio e ha letto allegramente: “Silvia Ferrari”. Uno dei tanti autori che passano per la nostra casa. E lei, nella sua mente di bambina di undici anni, ha ben chiaro che chi vorrebbe vivere di scrittura é sempre povero e che viene considerato anche pazzo. Le telefonate di Silvia Ferrari poi, fanno anche parte delle nostre giornate da diversi mesi e io ho avuto modo di conoscere l'autrice e di apprezzarne le spiccate qualità umane.
Finalmente riesco ad iniziare a sfogliare il libro. Cerco di dare una prima occhiata generale, per farmi un'idea di quello che andrò a leggere. Mi chiedo perchè non riesco a separare le pagine, ma mi rendo conto che é un foglio solo. La carta é spessa e resistente, di qualità.
Ne apprezzo subito l'idea, che credo sia completamente nuova: raccogliere in un libro i primi due anni di un sito, per renderlo fruibile a chi con la rete non ha o non vuole avere dimestichezza. Osservo subito però che allo stesso tempo, il libro diventa anche più vicino a chi, come i ragazzi, é abituato alla maniera di comunicare tipica della rete. A vivacizzare l'argomento ci sono testo e immagini a colori, faccine e filastrocche in rima, composizioni dell'autrice che a volte riassumono il nocciolo di alcuni capitoli o riprendono concetti importanti e che sembrano nate dal piacere di comporre e di sentirne il suono. Alcuni concetti vengono esposti prendendo spunto dalla musica e da canzoni di Battiato, di Battisti, da fumetti e da film. Sembra che si possa fare pedagogia anche attraverso questi strumenti. Un modo di comunicare molto vicino ai giovani. Il libro si compone di articoli dell'autrice, interviste e contributi di vari professionisti. Una bibliografia curata conclude ogni capitolo.
Non posso scrivere una recensione convenzionale per un libro di pedagogia che non é convenzionale.
Il libro mi invita alla lettura. Comincio a leggerlo dall'inizio.
Nella prefazione l'autrice parla di se stessa e delle pagine che gestisce, dell'importante ruolo della rete nella divulgazione della personale esperienza pedagogica.
I primi argomenti trattati sono gli anni della scuola dell'infanzia e l'armonia familiare.
Fin dalle prime pagine, emerge in questo modo una pedagogia esposta raccontando se stessa e persone reali. A tratti, sembra un continuo rielaborare il proprio vissuto nel tentativo di comprenderlo meglio e soprattutto per  metterlo a disposizione di tutti coloro che si prendono cura dei bambini, per essere di aiuto alle nuove generazioni.
Rifletto sul fatto che in effetti molti scrivono di educazione, ma non é sufficiente lo studio per scrivere di temi come psicologia o pedagogia. Chi scrive deve conoscere bene l'argomento che vuole trattare e deve avere qualcosa di nuovo da aggiungere. Nel caso di materie come la psicologia o la pedagogia, l'esperienza, integrata allo studio, dona la piena comprensione dei fatti e da quel qualcosa in più da dire anche agli altri, quello che i lettori non sanno, quello che può essere detto meglio, e che é il motivo per cui si scrive.
Io stessa soffrii molto per diversi anni una situazione in cui non riuscivo a spiegarmi i comportamenti di una persona e in cui mi trovai coinvolta, mio malgrado. Dopo molto tempo, per un lavoro, ricevetti dei libri sull'elaborazione del lutto da studiare e lessi riga per riga quello che avevo vissuto e la condizione clinica della persona il cui modo di fare avevo osservato. Studiare quei libri fu leggere chiaramente, parola per parola, quanto avevo visto con i  miei occhi e le cui conseguenze avevo sperimentato sulla mia pelle, con l'aggiunta di spiegazioni scientifiche e dei metodi per uscirne. Fu come il coronamento di una conoscenza già consolidata.
Dunque spesso l'esperienza personale é più eloquente di anni di studio e i libri diventano il completamento della propria formazione.
Nell' intervista che le é  stata fatta e che si trova nel libro, Silvia Ferrari racconta esplicitamente se stessa. L'autrice ha assistito con dolore alla disgregazione della propria famiglia e all'allontanamento del proprio amato papà all'età di soli nove anni. Accanto a lei, vedeva soffrirne e reagire in modo diverso una sorellina della tenera età di due anni. Per molto tempo si é chiesta il perchè di tutto quello che era successo nella sua famiglia. Lei, come tutti i bambini che vivono la separazione dei genitori, li amava entrambi nella stessa misura e seppur bambina, si sforzava di ragionare da adulta e di comprendere le ragioni di entrambi per farsene una ragione, anche se i genitori sono comunque riusciti a separare il loro ruolo di padre e di madre da quello di coppia. E Silvia, fin da bambina, é sempre stata disponibile a comprendere e a collaborare perchè il rapporto genitoriale fosse mantenuto. Dunque i propri tentativi di essere forte, di uscire dalla sofferenza, la propria resilienza, sono stati di certo più eloquenti di quanto ha trovato sui libri negli anni di studio. Anche per lei, gli studi hanno solo completato una conoscenza già consolidata.
Il filo conduttore del libro é quindi il vissuto personale dell'autrice, che di tanto in tanto si affaccia alle pagine per rendere l'argomento più interessante e per fare la materia trattata più concreta. Nell'intervista che le é stata fatta, Silvia Ferrari racconta anche la sua carriera, le giornate vissute a contatto con il mondo del lavoro, la sua esperienza in colonia, i corsi formativi a cui ha partecipato. Accanto a questo, nel libro sono state inserite altre esperienze di persone reali che espongono dinamiche familiari ed esempi di vita in cui tutti possono ritrovarsi, lasciando anche spazio al lettore che può giudicare da sé quali siano le migliori scelte educative, anche in base al proprio ambiente.
É piacevole dedurre in modo autonomo quale possa essere la scelta educativa più adeguata in base alla propria situazione, leggendo storie vere.
Nel libro l'autrice spazia affrontando anche argomenti come l'essere mamma nell'epoca dei social, quando tutti mettono a disposizione degli altri la propria cultura e la propria esperienza, la violenza sulle donne e i nuovi strumenti didattici.
Silvia racconta anche delle collaborazioni che ha scelto per migliorare i contenuti delle pagine e così nel libro, agli articoli si alternano preziose interviste a chi ogni giorno mette a disposizione della consulenza pedagogica la propria sensibilità e le proprie competenze utilizzandole con approcci intelligenti e adeguati. Sono righe che non lasciano spazio a commenti e che dovrebbero solo essere lette.
Immancabile il tema della separazione coniugale che viene affrontato con coraggio, così come il fatto che lascia cicatrici profonde sia nella coppia che nei figli e che sia molto importante riuscire a tenere separati il ruolo genitoriale, che va mantenuto, dal rapporto di coppia fallito.
Il libro tratta anche alcuni temi come l'inclusione dei non vedenti. A partire da un suo esperimento bendata, l'autrice illustra le sensazioni provate e i disagi che incontrano i non vedenti ed elenca gli strumenti a disposizione di queste persone. In queste pagine emerge molta sensibilità e la capacità dell'autrice di empatizzare.
L'approccio pedagogico si può definire dunque piuttosto empirico, invita spesso a dedurre la conoscenze dalla pratica e dagli esperimenti.
Esposto a tratti chiari e concisi anche il legame madre-figlio. Il concetto diventa chiaro nell'esempio di una madre, la madre dell'autrice, che matura e pienamente consapevole, mostra con amore, senza vergogna, le smagliature sul suo corpo come i segni lasciate da quello che é un legame unico, profondo e indelebile.
Silvia Ferrari si servirà ancora nel libro dell'esperienza della madre, che ha lavorato in un reparto di puericultura, in un'intervista in cui il lettore può apprendere nozioni relative alle malattie dei bambini e agli interventi che devono essere praticati.
Mentre espone tutti gli argomenti, il libro intanto diventa anche una lezione di metodo, perchè l'autrice racconta in modo dettagliato le dinamiche delle pagine che ha creato, i criteri che ha utilizzato per la stesura dei propri articoli e nella gestione delle pagine.
Rifletto. I temi trattati non riguardano poche persone. Non può essere un libro di nicchia. Argomenti come la famiglia e i suoi presupposti non sono per niente scontati. L'educazione é di tutti, é per tutti, é un argomento di importanza sociale, di cui tutti dovrebbero leggere. Il ruolo dell'educatore é di fondamentale importanza per il funzionamento della società. Il mondo diventerebbe in pochi anni un posto migliore se si comprendesse il valore del ruolo genitoriale, della professione di educatore, dell'importanza di sapersi prendere cura dei bambini, trascorrendo del tempo di qualità con loro.
Così, attraverso articoli, interviste, brevi recensioni e riassunti di libri fatti bene, con attenzione agli insegnamenti fondamentali che trasmettono, il lettore incontra il concetto di  resilienza, l'etimologia di alcune parole chiave, nozioni di pensiero di Jung e di Freud, i pericoli della rete e le alternative. Vediamo i DSA negli esperimenti e nei racconti di chi li ha gestiti, l'importanza di trascorrere e condividere ore all'aperto per apprendere direttamente dalla natura. Viene esposto anche il sistema delle Daaras e si accenna alla pedagogia africana, un argomento poco conosciuto, ma di grande attualità. Troviamo l'intervista  a un'archeologa e ci chiediamo perchè sia su un libro di pedagogia, ma da essa impariamo nozioni di pedagogia del mondo antico.
L'unico articolo su cui mi trovo un po' in disaccordo, forse per impostazione personale, é quello sulla meditazione. Ritengo che questo tipo di attività rendano le persone piuttosto passive e che i bambini possano impiegare il tempo in modo più proficuo. Per il resto, si tratta di nozioni che dovrebbero fare parte del bagaglio culturale di tutti.
Le ultime righe di pagina 210-211 riassumono un po' il tema portante del libro: nell'operare nel settore pedagogico e dei DSA non contano solo le competenze acquisite, ma soprattutto avere un proprio bagaglio emozionale ed essere disposti ad aiutare.
Concludo che Redazione Pedagogica é un approccio diverso alla pedagogia, adatto anche a chi si avvicina per la prima volta a questo argomento, a chi é riluttante nei confronti di internet, ma anche a chi alla rete é abituato, utilizza un tipo di comunicazione vicino al linguaggio dei giovani, sempre più abituati alla rete e ai social. Il testo si potrebbe proporre nelle scuole per la grafica, perchè é una lettura agevole e adatta a tutti. Tra articoli, contributi di pedagogisti e insegnanti, troviamo concetti di psicologia semplificati, nozioni, riflessioni, consigli di lettura, segnalazioni di pubblicazioni innovative, testimonianze di vita, quasi pagine di diari piacevoli da leggere in cui ognuno può ritrovare una parte di sé e del proprio vissuto. E dietro tutti gli articoli c'é sempre l'autrice come professionista e soprattutto come persona che ha vissuto ciò di cui scrive. In ogni pagina l'autrice dona tanto di se stessa, offrendo, anche attraverso il suo stile e i suoi esperimenti, spunti interessanti anche a chi si appresta a redigere la tesi di laurea.
Il libro si chiude con pagine di citazioni personali. Leggo l'ultima, chiudo il libro e passo le dita sul retro della copertina, con il sincero augurio che un'idea valida come quella di Redazione Pedagogica attragga l'interesse di un editore serio e attento ai cambiamenti.

Maria Gangemi