lunedì 21 dicembre 2009

Istruzione e Costituzione

"E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese."

martedì 15 dicembre 2009

Musulmani e integrazione

Qualche giorno fa ho letto un velenoso articolo sui musulmani in Olanda. Non intendo riportarlo perché anche se i contenuti sono veritieri, ritengo che divulgare questo tipo di messaggi, sia utile solo a diffondere odio e pregiudizi, i principali nemici dell’integrazione.
Riflettevo sul fatto che si è notato come in linea di massima, quando i musulmani arrivano in Europa, si leghino maggiormente alle loro tradizioni e adottino costumi che spesso non utilizzano nei loro paesi. Perché avviene questo? Forse è solo una reazione e un modo per proteggersi perché improvvisamente si trovano catapultati in un ambiente completamente diverso dal loro, che sentono estraneo e dove spesso vengono additati e giudicati anche ingiustamente.
Ho avuto l'impressione che al Sud i problemi di integrazione siano meno gravi. I musulmani fanno amicizia, parlano il dialetto, molte donne non portano il velo, anzi sfoggiano folte chiome colorate, partecipano attivamente alla vita delle comunità e addirittura addobbano un albero di Natale. Come mai?
Probabilmente perché al Sud la presenza di musulmani è inferiore e il primo approccio è a costumi più simili ai loro, ma forse anche perché al Sud, lo stile di vita rende le persone meno indifferenti e più disponibili al dialogo.
Allora forse basterebbe parlare, conoscersi, scambiarsi delle idee, studiare la diversità e mettere in luce ciò che di positivo c’è nella nostra e nella loro cultura, sfruttarne gli aspetti migliori come la cucina, l’arte, la saggezza, e non guardare necessariamente l’altro pensando che si tratti di una persona immorale da una parte e dall’altra, di una persona che è più indietro.
Per arrivare a un punto di incontro, forse sarebbe sufficiente non generalizzare, discutere, senza alzare le voci e senza alterare i toni, nel massimo rispetto gli uni degli altri, analizzando e ritenendo ciò che di buono c’è in chi ci sta di fronte.
Come si fa di solito quando ci si incontra per la prima volta, se non ci si piace dopo essersi scambiati delle idee, ognuno può scegliere di stare con altre persone, con la consapevolezza che ogni essere umano è unico.

lunedì 7 dicembre 2009

L'aborto è un diritto?

Oggi ho sentito la Turco che parlava di pillola abortiva. Ne parlava come se fosse un rimedio per curare qualcuno, come ne parlano molti.
Forse pochi sanno che l'aborto con pillola abortiva è doloroso ed è forse più traumatico del normale aborto. E quanti sanno che in entrambi i casi viene ucciso un esserino piccolo, ma estremamente vitale?
Mi sono chiesta più volte se l'aborto e l'uso della pillola abortiva siano conquiste di civiltà come tutti dicono. Quanti di noi hanno visto immagini e video di interruzioni di gravidanza? Cosa sappiamo noi donne di cosa succede durante un aborto?
Ci hanno insegnato che l'interruzione di gravidanza è un diritto e che "la donna è padrona del proprio corpo". Mi chiedo: quante di noi riflettono sul significato di questa frase?
Riflettendo laicamente, quella che attraversiamo nel grembo materno non è forse una fase della nostra esistenza? Chi avrebbe potuto essere un bambino, un adolescente, un adulto, senza essere stato un embrione e un feto?
Allora se quella che cresce è una vita, una vita estremamente vulnerabile, una società veramente civile non dovrebbe invece proteggerla con maggiore attenzione?
Ma c'è chi sostiene che chi dà la vita è anche padrone di toglierla. Ma secondo questa corrente di pensiero, ogni madre non potrebbe essere libera di uccidere il proprio figlio?
Considerato tutto questo, io non riesco a riconoscere che l'aborto sia un diritto, non riesco a intravedere nessuna conquista di civiltà, ho invece l'impressione che si stia educando sempre di più a un'irresponsabilità e a un individualismo che consente di calpestare gli altri e i loro diritti, senza porsi troppe domande.
Certo, questa è solo la mia impressione.

sabato 5 dicembre 2009

Conosciamo o sosteniamo?

Pochi sanno che il novanta per cento della materia è sconosciuto e che c'è chi riesce a dimostrare che due più due non fa quattro. E che dire della "scoperta" dell'America? Fu proprio Colombo ad arrivarci per primo, o furono i vichinghi in tempi più antichi, o furono gli antichi americani che arrivarono in Europa prima che gli europei scoprissero l'America? E se fossero stati proprio loro a "scoprirci" per primi, tollereremmo che si parlasse di una scoperta dell'Europa? Non c'eravamo già noi? E loro non erano già in America nel 1492? Allora forse discutendo degli avvenimenti del 1492, sarebbe più corretto parlare di una riscoperta dell'America da parte degli europei.
E che dire delle blande nozioni di psicologia che abbiamo imparato attraverso i media e con le quali pensiamo di poterci spiegare chi ci sta davanti?
Cio che conosciamo, risulta sempre incompleto, inesatto, impreciso.
Eppure quante tesi e teorie opinabili e discutibili ci vengono propinate e accettiamo, imparandole e recitandole come se fossero verità assolute, dai libri, a scuola, dalle persone che stimiamo?
Tutto perchè dobbiamo imparare qualcosa, abbiamo bisogno di fidarci di qualcuno, di credere in qualcosa, ci devono essere insegnate delle verità, che dovrebbero renderci più civili, ma che a volte ci rendono più brutali.

Ci serve sapere che quello che conosciamo è reale, ma forse, alla fine, dovremmo mettere tutto in discussione.
Quanti di noi si pongono delle domande su ciò che conoscono?